martedì 24 maggio 2016

Osteria San Martino delizie sul Lago d'Orta

Era già da qualche mese che pensavo di organizzare un pranzo per riunire le persone a me più care, così ho cercato un localino che fosse adatto e l'ho trovato: l'Osteria San Martino di Crabbia frazione del Lago d'Orta.




Ho scoperto per caso quest'osteria, arroccata sulla collina di Crabbia, dove l'aria è leggera, fresca, pulita, dove la vista del lago riempe il cuore, fra viuzze ciottolose.  
Entrando sono stata accolta con grande cordialità e professionalità dal personale e subito mi sono sentita a casa!
Gli ambienti ricavati in una struttura settecentesca, ristrutturati con gusto e rispetto per l'ambiente circostante, rustico e curato, proprio quello che cercavo.






Lo chef è il simpatico Sebastiano Martinelli, un autentico paladino dei fornelli, che, con grande passione e tenacia, ha creduto nel suo sogno, oggi materializzato in questo ristorantino adorabile.
 
Una raffinata varietà di vini.
Porzioni abbondanti e piatti ben cucinati. Non ricordo di aver mai mangiato carne così tenera...
Il calore degli ambienti, la raffinata cura del dettaglio, che con semplicità e naturale armonia, avvolgono il commensale durante il pranzo.
 E per concludere...dolci leggeri e gustosi, serviti con classe!
Un locale in cui voglio ritornare, per poter assaporare il resto del menù e deliziarmi di altre prelibatezze. Non resta che augurare a tutti :bon appétit !

                                                                                             Vittoria

mercoledì 17 febbraio 2016

Lineadaria Editore a piccoli passi

"Leggere un libro non è uscire dal mondo, ma entrare nel mondo attraverso un altro ingresso". (Fabrizio Caramagna)

Cerchiamo di capire meglio cosa avviene nel campo dell'editoria italiana, attraverso l'esperienza di un giovane, ma temerario editore di Biella: 
Vincenzo Lerro.

Come è iniziata la tua avventura nel mondo editoriale?


Hai presente il sogno nel cassetto? Ecco è iniziata così: ho aperto quel cassetto e ho tirato fuori quel sogno! Arrivo dal mondo del giornalismo, sono laureato in legge e sono un lettore quasi onnivoro e compulsivo. Ad un certo punto mi è venuta voglia di leggere "cose" che non erano ancora libri e l'idea di poter avere diritto di vita o di morte su quelle cose è stata la molla. Sono partito con la narrativa per adulti e poi, in un secondo momento, mi sono concentrato sulla letteratura per l'infanzia!

E' cambiato il modo di leggere, da quando hai iniziato ad oggi? Il modo di leggere non è cambiato molto. Il problema di fondo resta sempre lo stesso: siamo il penultimo Paese d'Europa come numero di lettori. Il 51% degli Italiani non legge nemmeno un libro all'anno.

Cosa impedisce la crescita della piccola editoria in Italia?
In tutta Europa i piccoli editori sono aiutati dallo Stato. In Francia, addirittura, esistono catene di distribuzione dedicate. Nel nostro paese non c'è nulla di tutto questo, anzi.
Chi è il tuo lettore tipo? Chi non si accontenta di Geronimo, ma cerca qualcosa di meglio.           
Come mai l'editoria di spessore rimane in sordina? In Italia c'è tantissima editoria sommersa, qualitativamente eccellente, che non riesce ad emergere. Solo gli addetti ai lavori possono fare qualcosa, visto che le librerie devono vendere e per vendere non c'è nulla di meglio della paccottiglia pubblicizzata ovunque. I bambini sono vittime indifese di chi ha la forza per urlare di più il proprio mediocre prodotto.


Pensi che la tecnologia tolga spazio alla lettura tradizionale? 

No. I bambini sono ancora affascinati dal libro fatto di carta. Almeno fino ai 10-12 anni, poi li perdiamo. Salve rare eccezioni di piccoli-grandi lettori impenitenti. In questo Paese manca la cultura del libro: è ancora e sempre considerato un bene voluttuario.
Qual è il tempo di permanenza dei libri in libreria?

E' variabile, dipende molto dalla sensibilità dei singoli librari. In questo senso è fondamentale il lavoro delle librerie indipendenti. Ma sono poche e vessate dallo Stato e dalla grande distribuzione organizzata. Chi governa questo Paese non ha nessun interesse verso la cultura. Innalzare il livello medio di cultura equivale a creare nuovo dissenso verso una classe politica indecente.
Come vi difendete dalle insidie del mercato?

Non ci difendiamo. Semplicemente. Non ne abbiamo i mezzi.
Io cerco di tirare dritto per la mia strada: lavorando sulla qualità, evitando l'appiattimento culturale e la massificazione dell'informazione, affinando i gusti e spaziando sugli argomenti, anche nel campo della prescolastica.
Come contattarti?
Visitando il sito internet http://www.lineadaria.it, tramite fb Lineadaria Editore, oppure inviando email a: lineadariaeditore@gmail.com. In più, vi aspetto numerosi al prossimo evento dedicato alla piccola editoria "Buk Festival" di Modena dal 20-21 febbraio.
Lineadaria ha fatto una scelta editoriale di qualità, offrendo a piccoli e grandi lettori, sempre testi selezionati, storie interessanti ed originali, con illustrazioni assolutamente d'autore. 
Se si deve crescere, meglio farlo nel modo migliore!

                                                                                                                          (Vittoria)






sabato 23 gennaio 2016

Focus su Napoli: reportage da una città viva

Per una strana combinazione, nelle ultime settimane, ho conosciuto tutti protagonisti partenopei e, così è nata l'idea del reportage. 
Questo su Napoli è il primo, chissà se ne seguiranno degli altri. 
La Napoli di cui voglio parlare, è quella delle mille contraddizioni, quella in cui il turista, viene accolto con generosità e calore e dove ti diranno sempre se po fa', pur di non scontentarti.
Scopriamo insieme alcuni pregi, tipici dei napoletani, attraverso testimonianze d'eccezione.

                                                  L'ALLEGRIA 

Basilica di San Giovanni Maggiore Pignatelli- Largo San Giovanni Maggiore 
raccontata da Antonino Delle Donne


Come nasce la vostra idea?
Diciamo che più che un’idea, si tratta di una necessità sentita sia dagli appassionati mandolinisti locali, che dai mandolinisti di tutto il mondo. L’ associazione Napoli e mandolino è sin troppo facile: chi ne è a conoscenza, e non si tratta solo di addetti ai lavori ma, degli amanti della musica in generale, si aspetta di trovare nella patria dello strumento, un centro dedicato alla ricerca, alla didattica ed all’attività ad esso dedicate. Ecco in cosa consiste la nostra idea: dare forma finalmente ad una aspettativa diffusa. Il maestro Mauro Squillante, nella sua età matura, si è reso conto di poter raccogliere intorno a sè energie ed opportunità. In un momento in cui le istituzioni pubbliche fanno fatica a sostenere progetti culturali, si è deciso di ricorrere al metodo del crowdfunding, una colletta online per intenderci, per cui la Casa del Mandolino è su una piattaforma al link https://www.produzionidalbasso.com/project/la-casa-del-mandolino-a-napoli/, dove chi vuole, può sostenere concretamente la nostra idea.
Chi può accedere ed attualmente, chi ne fa parte?

La Casa del Mandolino è il posto in cui tutti gli appassionati del mandolino possono trovare spazio per coltivare la propria passione, su diversi livelli. L'iniziativa parte dai membri dell’Accademia Mandolinistica Napoletana, istituzione da lungo tempo attiva a Napoli e da Napoli nel mondo, sotto la presidenza di Mauro Squillante e la direzione artistica di Leonardo Massa ma, vuole essere largamente inclusiva.
Oltre ad un aspetto folkloristico del mandolino, in che modo le sonorità di questo strumento, rappresentano la voce di Napoli?

Non è domanda dalla facile risposta, sarebbe come voler definire in poche parole cosa significa essere napoletano.

Qual è il vostro sogno nel cassetto?
​Far conoscere il nostro progetto dal maggior numero possibile di persone e raccogliere i fondi ​sufficienti per lanciare le nostre idee, che fra l’altro sono espresse nel progetto presente in https://www.produzionidalbasso.com/project/la-casa-del-mandolino-a-napoli/. La Casa del Mandolino vuole essere un punto di incontro sia per gli amatori, che per i musicisti. I primi potranno conoscere storie e personaggi del mondo del mandolino, sia classico che contemporaneo. I musicisti potranno veder valorizzato il loro talento e chissà, che non ne nasca una vera e propria officina di idee.

Napoli è una città dalle mille risorse: nel 2015 il boom dei visitatori, interessati alle sue bellezze artistiche e culturali, ma malgrado questo, ad essa sono legate critiche ed il più delle volte, si preferisce evidenziarne i lati negativi. Cosa dovrebbe cambiare a Napoli, per ribaltare questa situazione?


Niente. Basta girare altre città, per capire che i problemi sono dappertutto. In quest’epoca decadente, in cui tutto sembra volgere al peggio, le condizioni di vita, non mi sembrano ottimali da nessuna parte. Non capisco perché si pretende proprio a Napoli, una città depredata e depauperata deliberatamente, di trovare il paradiso in terra. A Napoli si sta bene, al sud si sta bene, nei limiti del possibile ovviamente.

Di cosa ha bisogno la vostra città per farsi conoscere al meglio?

Ancora una volta: di niente! Napoli è conosciuta ed amata in tutto il mondo. E' splendida, ha un bel popolo, chiunque viene da noi ne resta affascinato, penso possa bastare.
 LA  PAZIENZA  INFINITA


"L'OSPEDALE DELLE BAMBOLE"  
Via San Biagio dei Librai, 81

con la dottoressa delle bambole Tiziana Grassi 

Perchè hai  scelto di continuare l'attività di famiglia?
Semplice: mi è stata donata da mio padre, con grande amore! Ricordo che mi disse: " Tu sei una donna, non avresti la necessità di lavorare, diventerai moglie e madre. Potresti anche non arricchirti da questo lavoro, però, se deciderai di continuare la nostra attività, almeno porterai a casa un valore inestimabile di emozioni!".
Come è cambiato il tuo lavoro negli anni?
Molto! Tecnicamente siamo passati dai giocattoli italiani ai giocattoli prodotti in Cina. La differenza è stata notevole, perchè: ai tempi in cui lavorava mio padre, le aziende produttrici di giocattoli italiani, come la storica Furga, prevedevano anche i pezzi di ricambio per le bambole. Tutto questo, metteva in moto un sistema di conservazione del giocattolo. Il nostro ospedale, era una sorta di centro assistenza per queste aziende, che in maniera professionale, garantivano la durata eterna del prodotto. Oggi, c'è consumismo: sono in pochi che preferiscono la riparazione del proprio oggetto, a meno che non sia legato affettivamente o abbia un valore economico.
La chiusura delle grandi aziende italiane produttrici del giocattolo, ha fatto scomparire una parte interessante dell'economia e della tradizione del nostro paese, con tutte le conseguenze che già conosciamo.
Restaurate solo bambole?
La nostra azienda vanta cento anni di storia, specializzata nell'arte del restauro delle bambole d'epoca e di statue sacre, con lo scopo di restituire dignità alla bambola sbiadita e consumata. Ci dedichiamo anche ai peluches, infatti, abbiamo dedicato uno spazio veterinario agli animaletti. Ma lavoriamo su tutti i giocattoli.
Ti chiedono una valutazione economica dei giocattoli?
Si, questo capita molto spesso. La cosa interessante che è sempre una bella emozione valutare giocattoli, appartenuti all'infanzia di persone già anziane.
Interagite con il mercato estero?
Si, perchè c'è sempre da imparare osservando le produzioni straniere. In Europa costruiscono dei bei giocattoli. Negli altri paesi si tende a conservare e tutelare le aziende, creando una tradizione economica solida, cosa che in Italia, non è stato fatto.
Ci sono altri "Ospedali delle bambole in Italia"? Si, ma il nostro è il più antico. Vantiamo quattro generazioni di storia e di esperienza.
Come dovrebbe cambiare Napoli per dare un'immagine di sè più positiva?
Innanzitutto, credo che la città abbia bisogno di trovare una consapevolezza della propria bellezza. Non comprende quanto sia potenziale o al massimo tende, un pò per comodità o cosa a non vedere. E poi, alla base di tutto, ci vorrebbe una volontà politica diversa, che curasse gli interessi reali della città e dei suoi abitanti.
Cosa ti piacerebbe restaurare?
Lo vuoi proprio sapere? La mia città! Napoli è per me un grande giocattolo, una bella bambola. La rifarei con gli occhi azzurri, le darei un bel vestito da giorno ed uno da gran sera, per farli innamorare tutti!

L'ARTE  DI  METTERSI IN GIOCO 


"GALLERIA TOLEDO- materiali contemporanei"
Via Concezione A Montecalvario, 34

Cosa vi ha spinto a creare una galleria teatrale?


Galleria Toledo è un nome scelto per dare enfasi alla collocazione logistica, che la sala ha all’interno della città. Noi abbiamo scelto di agire e risiedere in questa zona, quella dei Quartieri Spagnoli, così conflittuale, perchè ricca di vitalità e di stimoli culturali e umani. La scelta di definirci “Galleria” è dovuta alla volontà di raccontare gli infiniti aspetti della teatralità, in una rassegna incessante, che si espande dentro e fuori il perimetro del palcoscenico.
Quale è lo scopo della "Galleria Toledo"?
La Galleria Toledo esiste perché noi tutti crediamo nel teatro come necessità. Il teatro è inscindibile dalla cultura, è radicato nelle società umane come esigenza di auto-rappresentazione, è specchio dell’uomo. Noi esistiamo in quanto sala napoletana, allestiamo da venticinque anni cartelloni artistici di grande interesse, portando in scena il miglior teatro di sperimentazione della scena nazionale, eppure siamo noi stessi una compagnia storica, che vanta quarant’anni di attività. La nostra strada è la ricerca, anche nella tradizione. Negli ultimi anni abbiamo portato in scena moltissimi testi shakespeariani e in questo momento abbiamo in cantiere l’allestimento di “Misura per misura” per la regia di Laura Angiulli. Si può affermare, che il nostro scopo sia quello di ridare vita, di volta in volta, all’eterno racconto dell’uomo.
Pensate di avere un ruolo "sociale" nel contesto in cui nasce il teatro?
Come già accennato, noi viviamo immersi in una realtà sociale estremamente caratterizzata, e dunque è lo stesso luogo a descrivere il nostro impegno. Siamo attenti al lavoro con i giovani, ai quali ci rivolgiamo sempre, grazie alla proposta culturale che ci caratterizza, sia essa pertinente ai temi del teatro, della danza, del cinema o della musica o di altri ambiti della cultura. E lo scambio non è mai in un'unica direzione. Viviamo immersi in una scena giovanile napoletana molto attiva e interessante. Ci sentiamo vicini a essa e parte di essa. Collaboriamo spesso con associazioni e operatori del volontariato e riusciamo sempre a ricavare spazi, per iniziative legate alla solidarietà, siano esse dedicate alle popolazioni saharawi o dell’Etiopia, all’anti-psichiatria, all’omofobia, al mondo del lavoro o alla violenza di genere.
Qual è il vostro punto di forza?


Probabilmente potrebbe esser una rigorosa e costante coerenza nelle scelte, associata a una variabile creativa di artistica “sregolatezza”.

Inoltre Galleria Toledo, nel tempo, si è rivelata anche una fucina di giovani talenti, un vivaio dove in tanti sono cresciuti e hanno avuto la possibilità di muovere i primi passi verso una qualificata carriera artistica.
Di recente abbiamo consolidato un’essenziale intesa con la scuola di scenografia dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, sostenendo l’allestimento di un “Calapranzi” di Pinter, al quale il gruppo degli studenti ha partecipato attivamente, collaborando alla produzione dello spettacolo, e anche abbiamo offerto la nostra esperienza in un progetto destinato a formare figure professionali nel campo dell’illuminotecnica teatrale. Da sette edizioni promuoviamo una rassegna di teatro emergente, “Stazioni d’Emergenza - per nuove creatività”, grazie alla quale abbiamo avuto modo di identificare talentuose compagnie sul loro nascere.
Avete un desiderio da realizzare?
Come teatro i desideri sono diversi. Forse il più necessario sarebbe quello di ritornare a essere considerati una realtà produttiva sul territorio nazionale. Vorremmo poter   veder restituita dignità a un settore lavorativo dell’industria della cultura, che dovrebbe possedere, come missione programmatica, la promozione della ricerca teatrale in Italia. Questo è l’invito che rivolgiamo agli amministratori della cultura: che vengano a verificare di persona la consistenza della scena teatrale e che ne accolgano le istanze.
Vorremmo, inoltre, un mondo in cui non si debba leggere di barconi carichi di migranti affondati nel Mediterraneo. L’idea stessa di rendere clandestina una persona fisica ne distrugge di fatto la vita, obbliga alla sofferenza quanti si ritrovano appiccicati addosso questa ignobile etichetta; assieme indurisce la sensibilità di chi invece è, per mera fortuna, comunitario. L’odio sta diventando il più pericoloso nemico del genere umano. Crea terreno fertile per l’intolleranza. Vorremmo quindi più amore a governare il genere umano.
Come vorreste vedere la vostra città?
Vorremmo una città, dove la cultura rivesta un ruolo di primo piano, in cui lo sviluppo sia determinato dall’attivazione dell’immenso patrimonio culturale che Napoli possiede. E’ una capitale della filosofia e dell’arte, e resiste da migliaia di anni. Qui ogni pietra trasuda storia. Viviamo in un luogo unico al mondo, di una bellezza speciale, ed è un peccato che i napoletani debbano continuare ad arrancare per sopravvivere. Sarebbe bello immaginare Napoli come, ad esempio, Parigi, dove i cinema, i teatri e i musei sono tanti e tutti pieni, dove la letteratura produce pensiero di alto spessore intellettuale e l’arte viene sostenuta dal pubblico e dal privato. Qui ci sono le stesse cose, ma è tutto più frammentario e non c’è sostegno. Sarebbe bello se a Napoli ci fossero tanti spazi di cultura, tante Gallerie Toledo, e tanto pubblico attento che li frequenti.
Cosa dovrebbe cambiare, che ora ne impedisce in qualche modo la sua crescita?
In termini generali, Napoli durante gli ultimi anni di crisi economica, ha subito limitazioni che hanno prodotto tanti danni: le conseguenze le osserveremo negli anni a venire. Molto di quanto si era costruito è andato perduto, e chi inizia oggi è, nella migliore delle ipotesi, disorientato. C’è troppa disgregazione. Per questa ragione tanta gente è stata costretta ad andare via, per trovare altrove le opportunità qui negate. I giovani napoletani, in troppi casi, non impiegano le proprie qualità e spesso sono disoccupati o trovano piccoli lavori precari, di puro ripiego, lontani dal loro desiderio o inclinazione. Al contrario, in specifici contesti sociali, l’accesso all’ industria criminale è garantita; sappiamo che la camorra non conosce crisi. E’ uno spreco di menti brillanti, una cosa da far piangere il cuore, potenzialità in germoglio, che dovrebbero essere, invece, sostenute e coltivate, poiché rappresentano i semi del futuro. Un’intera generazione è stata privata dei propri diritti, quello al lavoro in primo luogo. Ci auguriamo, che sia solo un brutto periodo e che sia invece il preludio di una Napoli risvegliata, più bella e vivace che mai.


                                                 LA CREATIVITA'
Corso Avezzana, 24 - Torre del Greco (NA)

raccontata da Gioia De Simone



Cosa rende Torre del Greco la patria della lavorazione del corallo?

Torre del Greco nasce come città di pescatori di corallo, che già dal 1400 si spingevano con le loro coralline fino alle coste del Nord Africa, alla ricerca della preziosa gemma rossa. A partire dal 1805, diventa anche luogo di lavorazione, con la prima fabbrica messa in piedi da un marsigliese, che ricevette una privativa decennale da re Ferdinando IV di Borbone.

A partire da quel primo laboratorio, l’attività della lavorazione del corallo prese piede e attecchì subito, grazie alle condizioni favorevoli determinate dalla ampia presenza di materiale grezzo (grazie alla abilità dei cittadini torresi dediti alla pesca del corallo). La nostra azienda è stata fondata nel 1830 ed ha festeggiato quest’anno i 185 anni di attività ininterrotta.

Come si fa a mantenere una tradizione artigianale così radicata nel tempo?

La mia, ma anche tante altre aziende del territorio, vantano una sorprendente longevità. Questo ci permette di avere una grande eredità, onore ed onere, ma anche strumento per interpretare i cambiamenti del mercato. Il mondo oggi corre veloce e la competizione è durissima ( specie per un prodotto lavorato quasi totalmente a mano), ma noi rappresentiamo una nicchia nel mondo della gioielleria e ci vantiamo di essere unici al mondo.

Come è cambiata la produzione negli anni? Le tecniche di lavorazione, a parte un limitato aiuto apportato da alcune macchine introdotte negli anni '60, restano ancora oggi prevalentemente manuali, il che rende la nostra attività molto affascinante. Ovviamente la produzione segue anche le richieste del mercato, alcune forme sono passate di moda, altre invece sono sempre attuali . Nell’ assemblaggio del gioiello viene introdotto il maggior apporto di design, è qui che avvengono le maggiori trasformazioni, per incontrare sempre il gusto di una donna elegante e cosmopolita.

Cosa dovrebbe cambiare a Napoli, affinchè si possa dare un'immagine più positiva che, metta in evidenza un immenso patrimonio artistico, culturale e commerciale? 

Noi abbiamo scelto di restare a Torre del Greco, sia con la produzione che con lo showroom, mantenendo intatto il laboratorio storico (che è anche visitabile gratuitamente, ma su appuntamento), anche quando le istituzioni hanno fatto di tutto per scoraggiare la nostra attività, bocciando il progetto di costituzione di un apposito polo nella nostra città, negando di fatto a Torre del Greco di dotarsi di una struttura moderna, funzionale e sicura, che avrebbe amplificato l’output della propria produzione e sradicando l’attività dal luogo in cui già dal 1805 aveva trovato un fertile humus. Sicuramente siamo penalizzati dalle carenze del trasporto pubblico e dalla assenza di rete, tra le vicine località turistiche ed archeologiche.


Grazie a tutti voi, che avete voluto condividere, con i lettori di Secretee, sogni e difficoltà quotidiane. Adesso abbiamo altri quattro buoni motivi per visitare Napoli!                                                                                                     
                                                                                                (Vittoria)

sabato 16 gennaio 2016

Primo reportage di Secretee

Secretee è in viaggio per l'Italia, alla ricerca di nuove storie da raccontare.
Il nostro prossimo post vedrà come protagonista un'importante città italiana.
Chi di voi indovina quale sarà? (la fotografia non è un indizio)
La sfida è aperta...


domenica 10 gennaio 2016

Apicoltura Brezzo: dolcezze di famiglia

Gli egizi lo consideravano un dono prezioso da offrire ai faraoni, per non parlare di Pitagora che ne era goloso. Di cosa sto parlando? Ma del miele ovvio!
Per saperne qualcosa in più ho scelto di incontrare un'azienda dalla lunga tradizione nel settore, quella della famiglia Brezzo di Monteu Roero (CN) http://www.brezzo.it/. Scopriamo insieme cosa vuol dire produrre miele ai giorni nostri e come si fa ad affrontare i tempi che cambiano, insieme a Fabio Brezzo.
Come nasce la vostra azienda?
L' Apicoltura Brezzo ha origini nel dopoguerra con il nonno, che in sella alla sua bicicletta attraversava le valli del cuneese, alla ricerca di prati fioriti, dove allevare le sue api. Poi, mio padre ha amorevolmente continuato il lavoro già avviato del nonno, fino ad arrivare a noi: mio fratello Andrea ed io.
Come è cambiata la vostra azienda con l'arrivo di voi giovani?
Abbiano sicuramente continuato a mantenere quella che è una tradizione di famiglia: la cura nei dettagli e la passione. A questo, sono state affiancate innovazione, ricerca della qualità e tutt'ora, ampliamento della gamma dei nostri prodotti.
In che modo? 
Innanzitutto, selezioniamo le fioriture migliori per ottenere varietà di miele diversi, per accontentare tutti i consumatori. Basti pensare che produciamo miele che spaziano dal rododendro, all'acacia, ciliegio, agrumi, corbezzolo e molti altri ancora. Ci siamo dedicati ad un' ampia varietà di prodotti enogastronomici che, si sposano perfettamente con il nostro miele. Inoltre, cerchiamo di aprirci al commercio estero.
Quale dei paesi stranieri ha dimostrato maggiore curiosità nei vostri prodotti?
Premetto che, in Piemonte, in particolare nella provincia di Cuneo, dove ha sede la nostra azienda, è possibile produrre fino a otto varietà di mieli diversi su fioritura spontanea, raggiungendo un primato importante: questo ha fatto si che, i giapponesi, da sempre consumatori attenti al nostro settore enogastronomico,  si avvicinassero ai nostri prodotti. Il nostro viaggio a Tokio, ha poi confermato tale interesse, permettendoci di conoscere un paese straordinario e vivace, anche dal punto di vista commerciale. 
Qual è l'abbinamento più interessante che state promuovendo in questo momento?
Mi piace partire dalle origini per capire l'evoluzione e la versatilità di questo prodotto. Oggi, lo troviamo usato come dolcificante naturale o nella cosmetica. Noi però spingiamo il consumo in abbinamento con i prodotti italiani d'eccellenza, come i formaggi.
Che provenienza hanno i fiori da cui producete il vostro miele?
Principalmente utilizziamo le fioriture della nostra zona, o comunque del Piemonte. Per alcune varietà di miele, come quelle agli agrumi, cerchiamo però il meglio che la natura possa offrire, quindi utilizziamo agrumi siciliani, o per quello al corbezzolo, collaboriamo con apicoltori sardi da circa trent'anni. Ci sentiamo di dover garantire, in primo luogo, la genuinità e la qualità del prodotto finito e naturalmente, il cliente apprezza tutto questo nostro impegno.
Se dovessi stilare una classifica dei mieli per qualità e prestigio come li classificheresti?
Al primo posto vedrei il miele di rododendro, raccolto a luglio con difficoltà, considerando l'altitudine in cui è possibile trovarlo, ossia tra i 1300 e i 1600 mt slm, ma unico per profumo e gusto delicato. Poi, c'è il corbezzolo della Sardegna, raccolto a novembre, che accontenta i palati amanti della nota amara e decisa. Il miele di manuka, dalla Nuova Zelanda con proprietà organolettiche uniche e il miele di lavanda della Provenza, per il suo aroma fresco ed intenso.
Cosa è possibile acquistare da  voi oltre il miele?Abbiamo un'interessante produzione di alimenti, che spazia dal dolce al salato, dai succhi alle confetture, ma è possibile trovare anche l'aceto di miele. Questo è un prodotto che conosce i natali sin dagli egizi, prima che, venisse coltivata la vite. Ha delle caratteristiche particolari perchè ha un' acidità più bassa, quindi è più leggero e delicato, in più conserva tutte le caratteristiche del miele, concedendogli un utilizzo maggiore anche su carne, pesce ed insalate. Da provare anche cotto se si vuole apprezzarne l'aroma. 
Cosa dovrebbe conoscere il consumatore sul miele?
Sicuramente, che la cristallizzazione presente in alcuni vasetti è sinonimo di qualità. Infatti, la cristallizzazione, è possibile vederla in quel miele che, non è stato pastorizzato, conservando inalterate le sue migliori proprietà. 
Cosa rende il miele un prodotto così pregiato? 
Oltre a tutte le caratteristiche organolettiche ed ai diversi benefici ben noti,   c'è da aggiungere, che produrlo non è semplice. Pensiamo alle api: negli ultimi tempi, l'inquinamento e le mutazioni climatiche, hanno disturbato il loro delicato equilibrio vitale. Questi piccoli insetti laboriosi, necessitano di un microclima particolare per portare a termine la loro opera.
Dove è possibile acquistare i vostri prodotti?

All'interno della nostra azienda è presente un negozio, in cui il consumatore può spaziare a piacimento per gamma e varietà di prodotti.
Poi visitando il nostro sito, è possibile trovare il rivenditore più vicino. Siamo presenti in tutta Italia, servendo negozi specializzati in enogastronomia, pasticcerie, ecc.

Il miele Brezzo, racchiude non solo tradizione familiare, ma anche innovazione e ricerca costante di qualità.                                                                                                                                                                                                                                                                                  (Vittoria)